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L’arte di parlare in pubblico

 

La prima domanda che ci si pone quando si discute sul tema del parlare in pubblico è se si tratta di un’arte che si può imparare, oppure se è una dote innata. Io ho sempre visto  l’uomo come una straordinaria fonte di inesauribili risorse a cui basta esercitare l’intelligenza in modo creativo per imparare qualunque cosa.

Ma che cosa è la creatività: è l’abilità mentale capace di risolvere situazioni problematiche organizzando in forma diversa gli elementi che le costituiscono e associando in modo utile ed originale le idee già esistenti. Intelligenza creativa è sinonimo di comportamento mentale flessibile capace di generare innovazione, di produrre nuove idee e concetti, di vedere la realtà quotidiana in maniera dinamica: una sorta di laboratorio di idee idoneo a generare continuamente curiosità, capace di portarci fuori dagli schemi consueti della realtà omologata e che ci renda motivati e disponibili al cambiamento.

Quello che ci impedisce di imparare, infatti, non è la nostra scarsa intelligenza ma l’incapacità di liberare la nostra mente dai pregiudizi e dai condizionamenti. La nostra vita e il nostro modo di interagire col mondo, si sono caricati di tali e tante regole che nel tempo  sono diventate una prassi quotidiana consolidata, tale da impedirci una “gestione” della nostra maggiore risorsa umana che è l’intelligenza.

I condizionamenti sociali, economici, politici, nell’ambito della intelligenza e della creatività equivalgono a dei punti oscuri della nostra vita. Come un uomo che vive in una città nebbiosa e vivendo nel suo quotidiano, si abitua a quel luogo, a vedere le cose senza contorni e con i tratti sfumati. La nebbia ci impedisce di vedere chiaro, cosicché in maniera subdola l’autonomia critica va scomparendo dalla nostra memoria, allo stesso modo scompare la nostra abilità a trovare soluzioni, tutto fluisce stancamente verso consolidate abitudini, verso credenze, riti, archetipi. Accade che, spesso, siamo rinunciatari, ricolmi di condizionamenti al punto che dimentichiamo le nostre vere possibilità e la capacità che ha la nostra mente di interagire col mondo esterno. Diamo per scontato che non possiamo imparare una determinata cosa perché non ci compete, o perché è fuori dalla nostra sfera professionale.

Un muratore che non trova lavoro nell’edilizia resterà disoccupato, non penserà di imparare un altro mestiere, per esempio quello di falegname. Un elettricista senza lavoro non penserà di fare l’idraulico, benché la sua intelligenza gli consenta di apprendere i rudimenti di un altro mestiere in poche settimane. Lo stesso accade nel campo delle professioni intellettuali. Un professore di lettere disoccupato continuerà a cercare un lavoro di professore. Difficilmente per risolvere la sua situazione economica deciderà di cambiare mestiere, dirà: “io sono un professore, cosa altro posso fare!” Ecco, quello che impedisce alla maggior parte degli uomini di avere successo in determinati campi del sociale e delle professioni è la mancanza di flessibilità, qualità che è il primo elemento di una mente creativa. Gli uomini dimenticano spesso di esercitare quell’immenso patrimonio che è la loro intelligenza e insieme, la straordinaria capacità di modificare la propria vita per adattarla alle nuove esigenze. È l’uomo che dice di conoscersi ma che in realtà conosce  solo la sua patina esterna. Come un marinaio che naviga tutti i giorni dice di conoscere il mare, ma in realtà cosa conosce del mare? La superficie, le maree, i colori, cioè solo quello che vede. Che ne sa delle profondità, della composizione chimica delle acque, delle correnti, della fauna, della biologia marina. Se l’uomo si guardasse in profondità scoprirebbe i suoi tesori sommersi, le meravigliose capacità della sua mente, e potrebbe ottenere risultati straordinari nel suo interagire col mondo, ottenendo molto di più di quello che ottiene guardando solo in superficie.

L’arte di parlare in pubblico può essere imparata agevolmente anche se non si può negare che una certa predisposizione aiuta molto. Essere estroversi e creativi, possedere una viva sensibilità, una forte immaginazione, una tenace volontà ed una sicurezza di sé, consentono di imparare quest’arte ad alti livelli. Se, al contrario, si è timidi ed introversi, si avrà un diverso livello di apprendimento. Se l’intelligenza di un individuo si potesse misurare potremmo dire che due individui con lo stesso grado di intelligenza, di cui uno timido ed introverso, l’altro estroverso e  creativo, potrebbero imparare la stessa arte con un simile livello di apprendimento, il secondo soggetto però avrebbe il valore aggiunto dato dalle sue doti naturali. Appare chiaro che l’individuo più creativo otterrebbe maggiori performance. Tutto questo è normale giacché ognuno esercita la propria professione o il proprio mestiere ad un dato livello: ci sono avvocati eccellenti e altri meno. Ci sono commercialisti di primo piano, altri più modesti. Allo stesso modo ci saranno oratori brillanti e altri meno, ma va detto che, tecnicamente, ognuno può imparare l’arte di parlare in pubblico, anche se in ordine alle proprie capacità individuali diverso sarà il livello di successo che otterranno i singoli individui. È quello che accade agli artisti che pur avendo innato il senso dell’arte devono frequentare le accademie per imparare delle tecniche, lasciando fermo in ognuno di loro il talento personale più o meno spiccato. Essere creativi significa anche avere autocoscienza e autoregolamentazione, automotivazione e abilità di influenzare gli altri. Sono qualità insite nell’intelligenza emotiva che, secondo le teorie di Daniel Goleman, contraddistinguono le persone attente ai sentimenti altrui e per questa ragione sono capaci di influenzare gli altri, quindi di persuadere il pubblico. Una persona capace di autoregolarsi è capace di razionalizzare e perciò di avere chiari i suoi progetti, di analizzare le sue reazioni, di fissarsi propri standard, di mantenere il controllo, tutte doti che consentono di concentrarsi sui propri obiettivi..

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